Donne e Pensiero Politico (DoPP)

Elisabeth Schüssler Fiorenza. Una teologia di liberazione al femminile. Video-lezione di Ettore Bucci

Nell’ambito della nostra rassegna hanno sinora trovato spazio il cattolicesimo “radicale e pacifista” di Dorothy Day, il cattolicesimo “peronista” di Amelia Podetti, il cattolicesimo “mistico” di Simone Weil, il cattolicesimo “liberal-conservatore” di Chantal Delsol. Con la ventottesima video-lezione è ora la volta del cattolicesimo “femminista” di Elisabeth Schüssler Fiorenza (1938-). Nata a Cenad, nell’attuale Romania, Elisabeth Schüssler Fiorenza si trasferisce in Germania nel 1944 e qui compie il suo intero ciclo di studi. Già nel 1963, affrontando la questione del ruolo delle donne nella Chiesa, getta le basi della sua teologia critica, cattolica e femminista. Dai primi anni Settanta prende poi parte alla fondazione del "Journal of Feminist Studies in Religion" e, ponendosi sulla scia di Elisabeth Candy Stanton (1815-1902), di Mary Daly (1928-2010) e di Adriana Zarri (1919-2010), contribuisce al rinnovamento della discussione in seno alla Chiesa cattolica a partire da una riformulazione delle istanze espresse dalla cosiddetta “seconda ondata” del femminismo mondiale. La sua opera più importante è senz’altro "In Memory of Her. A Feminist Theological Reconstruction of Christian Origins" (1983), in cui, sulla base di un’originale rilettura dei momenti costituenti della religione cristiana passante attraverso la riscoperta del ruolo ricoperto dalle antenate bibliche, contesta non solo l’interpretazione tradizionale del testo sacro, ma anche quello che lei stessa definisce il "kyriarcato", cioè l’ordine sociale e simbolico fondato sul dominio del padrone. Associando le suggestioni provenienti dalla filosofia critica della Scuola di Francoforte con quelle della teologia sudamericana della liberazione, Elisabeth Schüssler Fiorenza finisce così per farsi promotrice di un rinnovamento profondo in seno alla Chiesa cattolica che, sul piano più propriamente politico, non avrebbe esitato a porre con forza il tema del sacerdozio femminile e quello della libertà di scelta di fronte all’aborto. A presentarne il profilo intellettuale è Ettore Bucci, storico del pensiero politico e delle istituzioni politiche presso l’Università di Pisa e membro del Centro Universitario Cattolico della Conferenza Episcopale Italiana.

Tra isteria ed emancipazione. Lo strano caso di Bertha Pappenheim. Video-lezione di Emanuela Ferragamo

Passando dalla Francia dei giorni nostri all’Austria imperiale degli ultimi decenni dell’Ottocento, la ventisettesima video-lezione è dedicata a Bertha Pappenheim (1859-1936), la celebre Anna O., la cui presunta isteria fu trattata mediante ipnosi da Josef Breuer (1842-1925), finché non arrivò a interessarsene lo stesso Sigmund Freud. Ma cosa c’entra uno dei primi e più noti casi su cui ebbe modo di esercitarsi la nascente psicoanalisi con una rassegna dedicata al riesame della storia del pensiero politico al femminile? La risposta a tale interrogativo ce la fornisce Emanuela Ferragamo, studiosa di lingua e letteratura tedesca presso il Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne dell’Università di Torino, che nella sua video-lezione ricostruisce con efficacia il pluridecennale impegno emancipazionista di Pappenheim. Nata a Vienna in una famiglia di origine ebraica, Bertha fu “tante cose” e “tante volte”: fu la bambina ubbidiente di una buona famiglia borghese; la ragazzina irrequieta impaurita dai propri capelli; la zitella addolorata al capezzale del padre; la paziente di una vera e propria avventura psicoanalitica destinata a concludersi in un mare di pettegolezzi che dicono molto più dell’epoca che non della donna; la traduttrice in tedesco di Mary Wollstonecraft; infine la fondatrice dello "Jüdischer Frauenbund". Internata nel 1882 in una clinica privata sul Lago di Costanza, sei anni dopo Pappenheim diventa però una donna diversa, si trasferisce a Francoforte e qui inizia a interessarsi attivamente alla questione sociale e femminile. A suo avviso, l’arrivo in massa dei profughi ebrei dell’Est mette infatti in luce i limiti delle tradizionali pratiche di beneficenza e rende necessario un nuovo tipo di intervento sociale. Formazione e lavoro, equiparazione dei sessi e suffragio femminile divengono così i temi centrali della sua riflessione e del suo impegno in favore della rigenerazione morale delle donne e della conquista da parte di quest’ultime di spazi sempre più ampi all’interno della società dell’epoca.

Chantal Delsol e la deriva tecnopolitica. Video-lezione di Spartaco Pupo

Con la ventiseiesima video-lezione di “Donne e Pensiero Politico” restiamo in Francia, ma ci avviciniamo ai giorni nostri e prendiamo in esame la figura e l’opera di una delle più interessanti protagoniste del panorama culturale francese contemporaneo, Chantal Delsol (1947-). Allieva di Julien Freund (1921-1993) e fondatrice nel 1993 dell’Istituto Hannah Arendt di Parigi, Chantal Delsol è una filosofa politica di orientamento cattolico, la cui riflessione, ponendosi a pieno titolo nell’orizzonte del tradizionalismo politico francese, offre una valida alternativa al conservatorismo neopagano della “Nouvelle Droite” di Alain De Benoist. Tra gli oltre quaranta volumi cui ha affidato la sua riflessione su temi cruciali quali il federalismo, il populismo e l’individualismo, due in particolare sono quelli che meritano forse maggiore attenzione. In “Lo Stato e la sussidiarietà” (1992) Chantal Delsol ha ad esempio denunciato i limiti dello “Stato provvidenza” e, riprendendo un concetto caro alla tradizione cattolica, si è proposta di armonizzare la politica sociale con l’autonomia individuale e, al tempo stesso, di superare l’antinomia tra liberalismo classico e socialismo. In “Elogio della singolarità” (2000) ha invece introdotto il concetto di “modernità tardiva” e, attraverso esso, ha svolto una critica serrata nei confronti della cittadinanza universale e, più in generale, delle chimere del nostro tempo. Puntando il dito contro l’illusione della competenza tecnocratica e la sua presunta neutralità da un lato e contro le velleitarie pretese del legalismo etico internazionale dall’altro, Chantal Delsol ha finito così per stigmatizzare l’attuale tendenza alla depoliticizzazione dei rapporti sociali, il cui unico risultato consisterebbe a suo avviso nella creazione di un individuo “sgombro” e privo di autentica personalità. A incaricarsi con competenza della ricostruzione del suo interessante profilo intellettuale è Spartaco Pupo, docente di storia delle dottrine politiche all’Università della Calabria.

Attesa della rivoluzione, attesa di Dio. La vita breve e intensa di Simone Weil. Video-lezione di Michela Nacci

La venticinquesima lezione di “Donne e Pensiero Politico” è dedicata a Simone Weil (1909-1943), straordinaria figura di filosofa, di militante anti- fascista, di mistica e di donna. A occuparsi del suo breve ma intenso itinerario intellettuale e di alcuni dei suoi scritti più interessanti è Michela Nacci, docente di storia delle dottrine politiche all’Università di Firenze. Nata a Parigi da una famiglia borghese di origini ebraiche, Simone Weil si impegna sin da giovanissima su posizioni di sinistra radicale, vicine al sindacalismo rivoluzionario, all’anarchismo e al marxismo dissidente. Nel 1932 compie un viaggio a Berlino per osservare da vicino il nazismo prossimo alla presa del potere, è critica nei confronti dell’evoluzione politica in Unione sovietica ed esprime forti preoccupazioni rispetto all’affermazione dei totalitarismi. Animata da un anticonformismo che ne segnerà a fondo il profilo personale e intellettuale, Simone Weil nutre al tempo stesso un forte interesse per la condizione dei lavoratori, al punto che nel 1934 decide di sperimentare in prima persona la vita della classe proletaria e di farsi assumere come semplice operaia. Da questa esperienza trae ispirazione per uno dei suoi lavori più importanti, "La condizione operaia" (1951), in cui avrebbe denunciato la fatica, l’abbrutimento del lavoro alla catena. Successivamente partecipa alla guerra civile spagnola, tra le file degli anarchici spagnoli. Costretta a emigrare dalla Francia di Vichy si trasferisce a Londra e qui, negli ultimi mesi di vita, si dedica freneticamente al suo testo più noto, "La prima radice" (1943). Secondo Michela Nacci, il punto di vista adottato da Simone Weil per comprendere la sua epoca è insieme religioso e politico. In "Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale" (1934), delineando un quadro cupo del suo tempo e intraprendendo un’analisi critica del dogmatismo marxista, Simone Weil giunge ad affermare che nel mondo contemporaneo, dominato dal macchinismo, tutto debba essere rimesso in discussione, a partire dallo stesso concetto di rivoluzione. Lungi tuttavia da cadere nel pessimismo più cupo, la rivoluzione cui Simone Weil pensa in vista di una vita autenticamente libera è insieme politica e dello spirito.

Dora d'Istria. Intellettuale europea nel secolo delle nazionalità. Video-lezione di Antonio D'Alessandri

La ventiquattresima lezione di “Donne e Pensiero Politico” è dedicata a Dora d’Istria (1828-1888), nom de plume della principessa romena Helena Koltsova-Massalskaya. Nata a Bucarest da una delle famiglie più prominenti del principato di Valacchia, allora ancora sotto il dominio ottomano, Dora d’Istria fu una tipica esponente della cultura romantica e in pari tempo un’intellettuale poliedrica, dagli interessi vasti e articolati, che spaziarono dalla storia alla letteratura, dalla politica all’etnografia. Solo più di recente oggetto di riscoperta da parte degli studiosi, Dora d’Istria si occupò in particolar modo dello studio della condizione femminile in Europa occidentale e orientale. Con i due volumi di “Les femmes en Orient” (1859- 1860) e gli altri due volumi di “Des femmes par une femme” (1865) portò infatti a termine un ambizioso e coerente progetto, attraverso il quale fu tra le prime ad adottare una prospettiva tipicamente femminile nell’analisi della società del proprio tempo. Ad assumersi il compito di ricostruirne la figura e l’opera è Antonio D’Alessandri docente di Storia dell'Europa orientale presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre.

 

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