Donne e Pensiero Politico (DoPP)

Una vita da "refrattaria". Virgilia D'Andrea tra anarchismo e antifascismo. Video-lezione di Valeria Palumbo

La quarantatreesima video-lezione di DoPP prende in esame una figura poco nota, ma estremamente interessante, dell’anarchismo italiano: Virgilia D’Andrea (1888-1933). Accostabile per molti aspetti a Louise Michels e a Voltairine de Cleyre, l’anarchica italiana nasce a Sulmona e trascorre gran parte della sua giovinezza presso un convento di suore. Ottenuta nel 1909 la licenza di maestra, frequenta circoli operai e milita tra le file del partito socialista, segnalandosi in particolare per la sua ferma opposizione alla guerra. A lungo compagna di Armando Borghi, vira progressivamente dal socialismo all’anarchismo, iniziando a collaborare, tra gli altri, con il quotidiano «Umanità Nova» diretto da Errico Malatesta. In seguito all’affermazione del fascismo, lascia l’Italia e ripara prima a Berlino, poi a Parigi, dove pubblica il volume L’ora di Maramaldo (1925), e infine a New York. La sua produzione intellettuale è segnata da un certo eclettismo, che la porta a coltivare interessi storici, politici e letterari e a scorgere in Platone, Giordano Bruno e Carlo Pisacane i suoi principali riferimenti ideali. Convinta che il vero motore della storia sia il libero individuo, si batte incessantemente per l’abbattimento di ogni forma di dominio dell’uomo sull’uomo. A restituircene un vivido ritratto è Valeria Palumbo, giornalista RCS Media Group, storica delle donne e autrice del recente Non per me sola. Storia delle italiane attraverso i romanzi [Laterza, 2020].

Carole Pateman: la democrazia, il patriarcato moderno e il contratto sessuale. Video-lezione di Gabriella Silvestrini

La quarantaduesima video-lezione di DoPP prende in considerazione una delle figure cardine del femminismo della seconda ondata: Carole Pateman (1940-). Studiosa inglese formatasi ad Oxford e prima donna a ricoprire il ruolo di presidente dell'American Political Science Association, Pateman deve la propria fama soprattutto a un'opera, dal titolo suggestivo e intrigante, che avrà un'enorme influenza sul femminismo critico di matrice liberale: "The Sexual Contract" (1988). Tesi centrale del libro è che esista un patriarcato specificatamente moderno che i teorici del contrattualismo hanno contribuito a plasmare. Proprio nel periodo in cui il contrattualismo conosce una nuova vitalità grazie all'onda lunga dell'opera di John Rawls, Pateman ne ridimensiona la funzione liberatrice, attribuendogli al contrario il passaggio da un patriarcato di tipo paterno a un patriarcato “fraterno”, il cui esito è in ogni caso la sottomissione delle donne. Ritenute inferiori per natura da autori come Locke e Rousseau e dunque escluse dalla stipulazione del contratto sociale, secondo Pateman le donne fuoriescono dallo stato di natura attraverso un atto volontario, il contratto di matrimonio, con cui consentono liberamente alla loro sottomissione ai mariti. A presentare le dirompenti tesi di Carole Pateman è Gabriella Silvestrini, docente di Storia del pensiero politico presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Piemonte Orientale.

Eleonor Roosevelt, una vita per la democrazia. Video-lezione di Raffaella Baritono

Con la quarantunesima video-lezione di DoPP torniamo al Novecento, occupandoci di una figura centrale nella storia degli Stati Uniti. Non propriamente definibile nei termini di una pensatrice, Eleanor Roosevelt (1884-1962) fu una delle esponenti più significative del liberalismo statunitense. Il suo contributo alla ridefinizione della democrazia in senso più inclusivo e partecipativo si dispiegò lungo un itinerario politico pluridecennale, che va dagli anni della Prima guerra mondiale a quelli del secondo dopoguerra, quando, sotto la presidenza di Harry Truman (1884-1972), fu nominata a capo della Commissione per i Diritti umani. Specie durante gli anni Trenta, Eleanor Roosevelt divenne simbolo del “New Deal” e, incarnando l’ala del partito democratico più sensibile alle questioni di giustizia economica e sociale, contribuì a conferire spessore pubblico e politico alla figura della “First Lady”. Più in generale, facendosi interprete dell’esortazione di John Dewey (1859-1952) secondo cui il liberalismo per sopravvivere avrebbe dovuto diventare sempre più radicale, il suo contributo al liberalismo americano coincise soprattutto col tentativo di conciliare libertà individuali e istanze sociali, in vista della ricostituzione di quella “Great Community” che la crisi economica aveva messo fortemente in discussione. A presentarcene il profilo è Raffaella Baritono, docente di Storia e istituzioni delle Americhe presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna.


 

Ludmilla Assing e il mazzinianesimo in Europa. Video-lezione di Giulia Frontoni

Con sua la quarantesima video-lezione, il progetto di “Donne e Pensiero politico” (DoPP) resta nell’Ottocento, ma si sposta dal Regno Unito di Harriet Martineau alla Germania di Ludmilla Assing (1821-1880). Nata ad Amburgo e formatasi nel contesto di una famiglia borghese, Ludmilla Assing entrò precocemente in contatto con le istanze costituzionali del movimento liberale tedesco, anche grazie alla frequentazione del salotto berlinese di Rahel Varnhagen, moglie dello zio Karl August Varnhagen von Ense (1785-1858). Non propriamente definibile nei termini di una pensatrice politica in senso stretto, a partire dagli anni Sessanta Ludmilla Assing si fece tuttavia promotrice degli ideali democratici e mazziniani, svolgendo più in generale una fondamentale attività di mediazione culturale tra Italia e Germania. A occuparsi della ricostruzione del suo profilo intellettuale è Giulia Frontoni, giovane studiosa di storia contemporanea, attualmente collaboratrice del Willy- Brandt-Haus di Lubecca.

Femminismo e abolizionismo nel pensiero di Harriet Martineau. Video-lezione di Marta Antonetti

La trentanovesima video-lezione è dedicata ad Harriet Martineau (1802-1876), cui si deve una delle analisi più acute della società americana del suo tempo. Vera e propria figura femminile di primati, Martineau è non solo la prima giornalista di professione nella storia del Regno Unito e, insieme a Karl Marx, Émile Durkheim e Max Weber, una delle madrine della sociologia europea, ma anche una delle prime intellettuali europee a essersi dedicate all’analisi approfondita della condizione femminile e delle minoranze razziali, secondo una prospettiva che anticipa l’approccio intersezionalista di Kimberlé Crenshaw. Quasi simultaneamente ad Alexis de Tocqueville (1805-1859), tra 1834 e 1836 Martineau compie un lungo soggiorno negli Stati Uniti, all’indomani del quale pubblica il suo capolavoro, “Society in America” (1837). Al suo interno, oltre a farsi portavoce di posizioni abolizioniste, denuncia l’imperfezione del sistema democratico americano, dalla partecipazione al quale sono pressoché escluse le donne. A occuparsi della ricostruzione del suo profilo intellettuale è Marta Antonetti, borsista della Fondazione Luigi Einaudi onlus di Torino e attualmente candidata al dottorato in Scienze Politiche presso l’Università di Oxford.

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